Avete presente quando, a scuola, avete alzato la mano, sicuri di sapere la risposta ad una domanda, impazienti di parlare, per poi scoprire che la risposta che avevate dato era sbagliata? Oppure vi ricordate quando pensavate di aver fatto un buon compito in classe e alla fine siete tornati a casa con un’insufficienza?
Io ho un ricordo molto nitido di queste situazioni, anzi mi ricordo più che altro la sensazione di vergogna che ho provato, avrei voluto letteralmente sprofondare…
Eppure, questi sono stati e sono tuttora in assoluto le situazioni di maggiore apprendimento possibile.
Secondo diversi studi, due sono gli aspetti che caratterizzano il vero apprendimento, quello che resta impresso nella nostra mente e ci permette di crescere anche come persone:
1) ERRORI: secondo una ricerca condotta dal Williams College, gli studenti si ricordano meglio un abbinamento di parole (esempio: albero-quercia) quando l’hanno sbagliato e sono stati corretti piuttosto che quando gli è stato fornito il corretto abbinamento chiedendo loro di impararlo. E’ stata studiata anche la risposta neurologica agli errori (sono stati studiati ragazzi che giocano ai videogiochi) è si è riscontrato che essa è più veloce della stessa consapevolezza dell’errore: si parla di 50 millesimi di secondo per la risposta neurologica contro 550 millesimi di secondo per la consapevolezza di esso! A seguito di questi studi, alcuni insegnanti statunitensi hanno intrapreso la strada di non mettere i voti ai compiti, affermando che questo permette agli studenti di concentrarsi di più sulle parti corrette e sugli errori del test.
2) IMPEGNO: un altro ingrediente fondamentale nel processo di apprendimento è l’attitudine mentale ad esso. Carol Dweck, psicologa della Stanford University, ha condotto diversi studi arrivando a suddividere gli studenti in due categorie: quelli che hanno una mentalità o attitudine fissa e quelli che hanno una mentalità di crescita. I primi sono convinti che ognuno abbia delle abilità innate e che si possa raggiungere solo una determinata conoscenza, quindi vedono gli errori come il segno che essi non sono bravi o capaci in quella cosa; i secondi sono convinti che le abilità si possano imparare e migliorare e che l’errore indichi la necessità di impegnarsi di più. Lo studio più famoso della Dweck ha preso in considerazione oltre 300 ragazzi che passavano dalle medie alle superiori, tutti con lo stesso livello di partenza; sono stati monitorati per due anni, non solo dal punto di vista dei voti ma anche da quello della mentalità – fissa o in crescita. Il risultato è stata una differenza sempre più ampia: i ragazzi dalla mentalità in crescita hanno superato di gran lunga quelli dalla mentalità fissa.
In tutto questo c’è da aggiungere un altro ingrediente, non trascurabile: l’influenza dei genitori. Coloro che premiano l’impegno più del voto, che incoraggiano i figli a sbagliare, trasmettono loro un’attitudine cruciale, che si riflette poi in una maggiore sicurezza e stima dei ragazzi in se stessi.