Benché spesso non ci si faccia caso, i luoghi comuni sono diventati una parte importante delle nostre vite e condizionano il modo in cui viviamo; mentre, però, alcuni luoghi comuni sono innocui per la nostra felicità (es. “non ci sono più le mezze stagioni”), altri influenzano pesantemente (e, spesso, erroneamente) le nostre scelte.

L’argomento di questa settimana mi è particolarmente caro ed in effetti ne ho parlato più volte e in diverse forme… quante volte abbiamo detto “non ho tempo”?

La mancanza di tempo è diventata secondo me la malattia del millennio: non solo abbiamo la sensazione di non avere mai tempo a sufficienza per le cose che dobbiamo e vogliamo fare, ma il tempo è diventata una scusa per non fare tutte quelle cose che non vogliamo fare.

E’ giunta l’ora che ci prendiamo la responsabilità di quello che facciamo e non facciamo: se non facciamo qualcosa, nella stragrande maggioranza dei casi non è per mancanza di tempo ma perché abbiamo altre priorità. Volete degli esempi? Se incontriamo per strada una persona che non vediamo da tempo, la classica frase è “ti ho pensato spesso ma non ho mai tempo di venirti a trovare o di organizzare un’uscita”; se parliamo con degli amici e scopriamo che si sono iscritti in palestra, spesso la risposta è “piacerebbe anche a me, se solo avessi tempo…”; ecc.

So benissimo che è più semplice addurre la scusa del tempo piuttosto che ammettere di essere pigri, ma questo è un atteggiamento molto pericoloso perché rischiamo a lungo andare di crederci e quindi di non assumerci la responsabilità della nostra vita, come se essa fosse gestita dal tempo e non ne avessimo più il controllo. Inoltre, cadere nella “trappola del tempo” ci fa credere che anche i nostri obiettivi sono irrealizzabili e questa secondo me è la peggiore galera che potremmo mai costruirci nella vita.