In questi giorni mi sono concessa un po’ di vacanza con la mia famiglia. Ne avevamo tutti bisogno e ci siamo goduti davvero ogni momento di questi giorni insieme.

E’ solo dopo aver visto un film stupendo alla televisione, però – “Collateral beauty” – che ho avuto modo di riflettere profondamente sul concetto di tempo.

Il tempo scandisce e condiziona ogni nostra attività: ci alziamo con la sveglia ad un certo orario, lavoriamo un certo numero di ore, facciamo pausa pranzo (e spesso anche pausa caffè) ad un’ora precisa, ceniamo e andiamo a dormire più o meno sempre alla stessa ora.

Anche le eccezioni, per assurdo, sono regolate dal tempo: ci permettiamo di stare svegli più a lungo perché il giorno dopo non dobbiamo andare a lavorare…

Il tempo è importante e misurarlo ci aiuta in molti modi, ma come spesso accade, invece che accettarlo ne siamo diventati schiavi – e la differenza tra l’accettazione e la schiavitù sta nel modo spesso negativo in cui viviamo l’esperienza del tempo: quando siamo in vacanza, pensiamo a quanti giorni mancano prima di tornare al lavoro; quando ci divertiamo, pensiamo al fatto che il tempo scorre troppo velocemente; quando ci annoiamo, pensiamo al fatto che il tempo scorre troppo lentamente; ecc.

E la cosa peggiore è che anche i bambini sono influenzati e succubi di questo meccanismo già in tenera età: mi costa molta fatica far capire a mio figlio, che ha solo 9 anni, che il tempo deve goderselo, non misurarlo.

Nel film “Collateral beauty” c’è un personaggio che impersonifica proprio il tempo, e voglio lasciarvi con una sua citazione che trovo straordinaria: “io sono il tempo! Io sono un regalo! E tu lo butti via!”