Io sono una Life Coach, e in Italia questa professione non è ancora così diffusa e conosciuta. Mi capita quindi di spiegare in cosa consiste il mio lavoro ed ho notato una cosa interessante in merito.

Quando ne parlo con enfasi, con trasporto, arrivo alla gente; quando magari ho avuto una “giornata no”, l’enfasi viene meno e io stessa mi rendo conto di non essere stata chiara o incisiva, di non aver mostrato tutta la mia passione per questa professione.
Ho analizzato allora cosa facesse la differenza tra le due situazioni – oltre al modo in cui ne parlo – ed ho scoperto che sono le parole che uso a fare la differenza. Nel primo caso, non mi soffermo tanto sul COSA faccio ma sul PERCHE’ lo faccio, ossia sulle cose in cui credo, sul motivo che mi spinge a voler vedere i sogni e gli obiettivi delle persone realizzarsi.
Nel secondo caso, spiego letteralmente cosa faccio, come si svolge il mio lavoro e a chi mi rivolgo.

Non basta che un discorso sia appassionato per coinvolgere le persone; serve anche che trovi un terreno comune. C’è differenza tra “io credo che tutti debbano poter realizzare i propri sogni, ed è per questo che faccio la Life Coach” e “il mio lavoro consiste nello sfruttare il potenziale delle persone per permettere loro di realizzare i propri obiettivi”. Il terreno comune, nel primo caso, è credere che tutti abbiano il diritto di realizzare i propri sogni: se anche la persona con cui parlo crede questo, sarà coinvolta dalle mie parole; se le spiego cosa faccio, la cosa rimarrà molto più neutrale.