Questa settimana mi è capitato di parlare con una persona che non conoscevo bene. Appena abbiamo cominciato a parlare, questa persona ha fatto un’affermazione su di me che non mi è piaciuta molto.

Mi sono sentita malissimo; e la mia prima reazione, quella istintiva, sarebbe stata di trovare le parole per “restituire la cortesia”. Qualcosa dentro di me, però, mi ha fermata e mi sono domandata: “Come mai una persona che non mi conosce se ne esce con queste parole?”
Sempre quella cosa dentro di me, che io chiamo istinto o “la parte saggia di me” (ma che ognuno può chiamare come vuole) mi ha spinta a cercare di capire il perché avesse detto questo, e ho fatto delle domande, invitandola a parlare (ultimamente ho imparato molto ad ascoltarmi, ma questo magari sarà argomento di un altro post del venerdì).

Ho scoperto un mondo: mi ha raccontato il suo percorso, le sue difficoltà, la sua trasformazione, le sue vittorie e ci siamo lasciate con un abbraccio e con la promessa di risentirci quanto prima (sono passate poche ore e ci siamo già risentiti per concordare un altro appuntamento). Ho ascoltato questa persona, le ho dato l’opportunità di spiegarsi ed ho capito che… era in modalità attacco-per-difendermi, come succede talvolta anche a me, come è di sicuro successo a tutti noi prima o poi nella vita, non con lo scopo di ferire – appunto – ma al solo scopo di difendersi, di proteggersi. Quando l’ho capito, quelle parole hanno perso significato o meglio ne hanno preso uno del tutto nuovo, inaspettato e positivo.

Se non mi fossi trattenuta dal rendere pan per focaccia, non avrei mai potuto approfondito la conoscenza di una bella persona. Naturalmente, non sto suggerendo di accettare qualsiasi cosa – le offese, ad esempio – ma a volte fermarsi un attimo prima di reagire cambia del tutto il senso e la prospettiva.