Secondo quanto si legge su neuroscience.com, un nuovo studio presso la University of Minnesota Medical School ha dimostrato che lo stress psicosociale è in grado di accorciare l’aspettativa di vita nelle cavie. Per anni, lo stress e lo status socio-economico sono stati messi in relazione con la morbilità e la mortalità, ma fino ad oggi questo fenomeno non è mai stato studiato e compreso dal punto di vista meccanico attraverso un modello su cavie.
Lo studio, afferma l’autore senior Alessandro Bartolomucci, del Department of Integrative Biology and Physiology presso la University of Minnesota Medical School, è unico nel suo approccio e permette ai suoi risultati di spiccare rispetto agli studi precedenti in argomento. Nello studio, pubblicato nella rivista Aging Cell, Bartolomucci e gli altri ricercatori hanno accertato che uno stress sociale duraturo porta ad un’aspettativa di vita più breve ed aumenta il rischio di malattie cardiovascolari nelle cavie.
Lo studio, dal titolo “Social Stress Shortens Lifespan in Mice”, rappresenta il primo modello su cavie in grado di studiare e sezionare meccanicamente l’impatto dello stress cronico sull’aspettativa di vita, i meccanismi di senescenza cellulare e le malattie associate all’invecchiamento, come l’arteriosclerosi.
In questo studio, il gruppo di Bartolomucci, in collaborazione con David Allison, rettore della Indiana University School of Public Health-Bloomington, David Largaespada, Professore presso il Department of Pediatrics, Medical School, ed altri ricercatori provenienti dall’Università di Osnabruck (Germania) e dall’Università di Medicina Veterinaria di Vienna (Austria), hanno simulato lo stress psicosociale mettendo delle cavie maschio l’una vicino all’altra, quantificando quindi i marker di aggressività e di comportamento remissivo. Oltre ad un accorciamento dell’aspettativa di vita, il team ha osservato una comparsa precoce di lesioni e tumori agli organi, un aumento dei marker delle cellule senescenti (che spesso coincide con patologie legate all’avanzamento di età) e una comparsa spontanea di arteriosclerosi precoce, tutte scoperte senza precedenti in una specie in cui le patologie cardiovascolari normalmente si sviluppano solo in soggetti geneticamente predisposti e nutriti con diete ricche di grassi.
“Paradossalmente, questo fenomeno è stato esplorato in molti studi di riferimento sull’impatto negativo dello stress cronico sulla salute umana” ha aggiunto Bartolomucci, “ma poichè non è mai stato replicato in un modello animale, il meccanismo di associazione tra stress, invecchiamento e sopravvivenza è sempre rimasto oscuro. Questo è il punto su cui il nostro studio vuole far luce”.
In una prospettiva futura, Bartolomucci spera che questo lavoro possa essere utile in studi futuri che intendano comprendere meglio i meccanismi delle malattie indotte dallo stress ed esplorare fino a che punto le cellule di senescenza possano contribuire ad accorciare l’aspettativa di vita e a causare malattie cardiovascolari e neurodegenerative.
“Nel lungo periodo, il nostro obiettivo è quello di sviluppare dei modelli che ci portino a scoprire nuovi meccanismi e approcci per vivere più a lungo e in modo più sano”, conclude Bartolomucci.